Cura Delle Piante
La Tecnogreen ha sviluppato nel tempo competenze specifiche per la cura e manutenzione di piante arboree.
Il nostro personale offre consulenze fitosanitarie ma anche la messa in atto di strategie di controllo delle avversità del verde ornamentale più efficaci alle vostre esigenze.
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Processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa)
- Processionaria della quercia (Thaumetopoea processionea)
- Cancro del cipresso (Seiridium cardinale)
- Afide del cipresso (Cinara cupressi)
- Avversità fogliari dell'ippocastano
- Punteruolo rosso delle Palme (Rhychophorus ferrugineus)
- Piralide del bosso (Cydalima perspectalis)
- Psilla dell’alloro (Trioza alacris)
- Heterobasidion irregulare
Processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa)
La processionaria del pino è un lepidottero defogliatore di alcune conifere, in particolare di pini, di cedri e occasionalmente di douglasia. I maggiori problemi provocati dall’insetto sono di ordine igienico-sanitario per i minuscoli peli urticanti che le larve, a partire dalla terza età, portano sulla parte dorsale del corpo.
Il pericolo permane anche dopo che le larve mature hanno abbandonato i nidi definitivi per i peli urticanti che sono presenti anche sulle spoglie delle larve rimaste in questi ricoveri.
Le intense defogliazioni provocate dalle larve, ripetute per più anni consecutivi, oltre a comprometterne il valore estetico, debilitano anche in concomitanza con le avversità abiotiche, le piante ospiti al punto tale da predisporle ai parassiti secondari.
L’insetto compie una generazione all'anno. Le larve della stessa ovatura (insieme di uova deposte dalla femmina), una volta nate, conducono vita gregaria costruendo ricoveri sericei progressivamente più compatti sulla parte periferica della chioma.
All’inizio dell’inverno vengono costruiti i nidi definitivi, di colore bianco, sul lato più soleggiato delle chiome, nel quale le larve, di solito di quarta età, svernano.
Questi nidi possono contenere le larve che provengono anche da altre ovature presenti sulla pianta. Nelle stazioni più calde e soleggiate non è raro che le larve fuoriescano dal nido anche in pieno inverno.
Le larve mature, in un periodo che può variare a seconda delle condizioni ambientali da fine febbraio ad aprile, abbandonano la pianta ospite e in fila indiana discendono dai tronchi alla ricerca di un luogo adatto per interrarsi e trasformarsi in crisalidi racchiuse in un bozzoletto sericeo da loro costruito.
Lo sfarfallamento degli adulti avviene in estate, ma una parte di crisalidi può rimanere in diapausa (forma di vita rallentata) per uno o più anni.
Normativa di riferimento
DECRETO MINISTERIALE 30 OTTOBRE 2007 -Disposizioni per la lotta obbligatoria contro la processionaria del pino Traumatocampa (Thaumetopoea) pityocampa (Den. et Schiff.) (pubblicato sulla G.U. n. 40 del 16-2-2008).
Processionaria della quercia (Thaumetopoea processionea)
La processionaria della quercia è un lepidottero defogliatore delle querce caducifoglie, ma sono possibili, seppure sporadicamente, ritrovamenti anche su querce sempreverdi.
I maggiori problemi provocati dall’insetto sono di ordine igienico-sanitario per i minuscoli peli urticanti che le larve, a partire dalla terza età, portano sulla parte dorsale del corpo.
Il pericolo permane anche dopo che le larve hanno abbandonato i ricoveri sericei o si sono trasformate in farfalle per i peli urticanti che sono presenti anche sulle spoglie delle larve rimaste nei nidi.
Le intense defogliazioni provocate dalle larve, ripetute per più anni consecutivi, oltre a comprometterne il valore estetico, debilitano, anche in concomitanza con le avversità abiotiche, le querce al punto tale da predisporle ai parassiti secondari.
L’insetto compie una generazione l’anno. In primavera dalle ovature, (insieme di uova deposte dalla femmina), fuoriescono le larve in coincidenza con l’emissione delle foglie e, a causa del loro comportamento gregario, fin dalla nascita si spostano in lunghe colonne formate da più file appaiate.
Con il procedere del loro sviluppo, costruiscono, per ripararsi nei periodi di inattività, nuovi e più consistenti ricoveri sericei a forma di sacco sui rami principali o sui tronchi in cui spesso confluiscono colonie provenienti da altre ovature presenti sull’albero.
L’ultimo nido in alcuni casi raggiunge dimensioni notevoli potendo superare i due metri di lunghezza.
La trasformazione in crisalide delle larve, racchiuse in un bozzoletto sericeo da loro costruito, e lo sfarfallamento degli adulti avvengono nell’ultimo nido. Lo stadio di crisalide ha una durata molto variabile potendo prolungarsi da uno a due mesi; talvolta all’interno dei vecchi nidi rimangono delle crisalidi dalle quali fuoriescono gli adulti negli anni successivi.
Cancro del cipresso (Seiridium cardinale)
Seiridium cardinale è un fungo patogeno responsabile della malattia conosciuta con il nome di cancro corticale del cipresso.
I sintomi della malattia sono concentrati sulla chioma poiché il fungo colpisce prevalentemente i rami di medie-piccole dimensioni, dove più facilmente si verificano piccole ferite ai tessuti, dalle quali le infezioni possono svilupparsi.
Tali ferite possono essere causate dalle gelate improvvise (danno da freddo), dall'azione di alcuni insetti scolitidi (Phloeosinus spp.) capaci di scavare nei tessuti legnosi, dagli agenti meteorici (grandine, vento) o dall'uomo durante le operazioni di potatura.
Nelle zone d'infezione si ha prima un cambiamento di colore della corteccia verso le tonalità del rosso o dell'arancione e poi la stessa porzione di tessuto appare depressa e fessurata.
Da queste fessure fuoriesce un'abbondante quantità di resina contaminata dai propaguli fungini che in seguito allo scorrimento lungo il fusto può causare altre infezioni nelle zone sottostanti della pianta.
Una volta penetrato nella pianta il fungo produce alcune sostanze tossiche (micotossine) che causano la morte dei tessuti vegetali.
Quando i tessuti di un ramo sono completamente circondati, il ramo dissecca e muore. Contemporaneamente il fogliame cambia di colore assumendo tonalità prima sul verde pallido, poi rosso bruno e quindi grigio cenere, fino a cadere lasciando visibile il ramo nudo.
La malattia può avere un decorso lungo o anche breve in funzione delle condizioni climatiche, della vigoria della pianta e dal numero d'infezioni presenti.
Normalmente una infezione su un singolo ramo non è in grado di uccidere un cipresso, ma un complesso di numerosi infezioni sparse sulla chioma porta a un indebolimento complessivo e alla morte dell'individuo.
Afide del cipresso (Cinara cupressi)
Cinara cupressi è un afide di colore brunastro lungo circa 2,7-3,2 mm. L'afide sviluppa le sue colonie sui rametti lignificati (non oltre 1 cm di diametro) e, tramite il suo apparato boccale pungente succhiante, sottrae linfa elaborata attraverso la corteccia. In maggio si manifestano, sulle chiome dei cipressi, arrossamenti repentini del fogliame d'intere chiome o loro vasti settori.
È nota una diversa suscettibilità agli attacchi dell’insetto fra le Cupressaceae (principalmente genere Cupressus), tra le diverse specie e, non raramente, anche fra individui della stessa specie.
I disseccamenti si manifestano sotto forma di chiazzature o striature tra il fogliame esente da danno (frequenti ed evidenti nei settori inferiori o medio-inferiori delle chiome ove, di norma, staziona una più consistente popolazione del fitomizo, con progressiva attenuazione dei danni in senso acropeto).
L’insetto produce “melata” (escrementi zuccherini) che imbratta le parti sottostanti della chioma e favorisce l’instaurarsi dei funghi della fumaggine (micelio fungino nerastro). Questa, oltre a deturpare l’aspetto estetico della pianta, esercita un’azione asfittica sulla vegetazione ostacolandone anche la fotosintesi, aggravando così una condizione fisiologica della pianta già resa precaria dall’attacco del parassita.
Il ciclo della malattia durante le stagioni dell'anno
In estate le colonie dell'afide si spostano nelle porzioni più periferiche dei rametti. L’estivazione e lo svernamento viene svolto tra le anfrattuosità delle cortecce o nel terreno, al colletto dei cipressi e sulle grosse radici.
In autunno si assiste al ricostituirsi delle colonie dell’afide sui rametti.
Su cipressi fortemente debilitati dall'afide sono frequenti gli attacchi da parte di insetti fitofagi secondari del genere Phloeosinus (potenziali vettori del fungo cancro corticale del cipresso Seiridium cardinale).
I Floeosini (Phloeosinus aubei, P. thujae e P. armatus) sono insetti xilofagi che attaccano il cipresso in due distinte fasi del loro ciclo biologico:
- durante la fase riproduttiva degli adulti su piante stressate;
- nella fase di maturazione sessuale di adulti neosfarfallati su cipressi vigorosi, dove scavano gallerie all'ascella dei rametti periferici, per la maturazione delle gonadi.
Questa fase rappresenta il momento più critico, in cui gli adulti, volando da piante o parti di pianta debilitate per il cancro corticale, trasmettono a soggetti sani i propagali del fungo Seiridium cardinale.
Avversità fogliari dell'ippocastano
Le problematiche fitosanitarie che interessano le foglie dell’ippocastano con disseccamenti fogliari e filloptosi estiva, compromettendo i processi fisiologici e il valore estetico della pianta, sono:
- Il lepidottero fillominatore Cameraria ohridella Deschka & Dimic, le cui larve scavano gallerie di forma irregolare nel tessuto fogliare tra l’epidermide superiore e quella inferiore. L’insetto, a seconda delle condizioni climatiche, compie fino a quattro generazioni l’anno (con l’inizio della quinta solo parzialmente) e pertanto gli ippocastani sono più volte attaccati durante la stagione vegetativa.
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L’antracnosi causata dal fungo ascomicete Guignardia aesculi (Peck) V.B. Stewart, che provoca la formazione di aree necrotiche sulla lamina fogliare.
Le macchie clorotiche si generano nella zona internervale della foglia e successivamente si ingrossano confluendo tra loro, fino a interessare intere porzioni del lembo fogliare. Le aree infette disseccano e si trasformano in tacche necrotiche rosso-brunastre, contornate spesso da un alone giallo.
- Il “bruciore non parassitario” (avversità di origine abiotica), che si manifesta con un iniziale arrossamento-necrosi del margine fogliare per poi estendersi all’intera lamina della foglia.
Punteruolo rosso delle Palme (Rhychophorus ferrugineus)
Il punteruolo rosso delle palme è un coleottero curculionide di origine asiatica in grado di svilupparsi a spese di numerose specie di palme, tra cui le più colpite sono Phoenix canariensis, P. dactilifera, P. robeleinii, ma è stato segnalato anche su Cocos nucifera, Trachycarpus fortunei, Washingtonia sp.
L'insetto compie tutto il suo ciclo vitale all’interno della palma: le femmine depongono le uova in piccole cavità del tronco o in corrispondenza delle superfici di taglio delle foglie. Le larve si spostano all’interno della pianta scavando gallerie e cibandosi dei tessuti della stessa.
A maturità le larve si impupano in un bozzolo cilindrico formato da strati fibrosi nelle parti più esterne del fusto e del rachide. L'insetto, a seconda delle condizioni climatiche, può compiere fino a 3-4 generazioni l'anno.
I sintomi esteriori dell’attacco da parte del coleottero sono rappresentati dal portamento della chioma che perde la sua simmetria verticale e che successivamente si mostra completamente divaricata con l’aspetto ad ombrello aperto. Nelle fasi terminali la chioma della palma appare come “capitozzata” e collassa.
Normativa di riferimento
Il Punteruolo rosso è un organismo oggetto di misura di emergenza da parte della Comunità Europea (Decisione 2007/365/CE “Misure d’emergenza per impedire l’introduzione e la diffusione nella Comunità di Rhynchophorus ferrugineus”).
In Italia è in vigore il DECRETO MINISTERIALE 7 FEBBRAIO 2011 – “Disposizioni sulla lotta obbligatoria contro il Punteruolo rosso della palma Rhynchophorus ferrugineus”.
È obbligatorio segnalare tempestivamente al Servizio Fitosanitario Regionale la presenza di piante attaccate o dell'insetto secondo gli obblighi di legge.
Piralide del bosso (Cydalima perspectalis)
La piralide del bosso è un lepidottero defogliatore delle piante del genere Buxus le cui larve possono erodere anche la corteccia dei rametti di bosso.
Le piante infestate dall'insetto risultano fortemente defogliate ed evidenziano un caratteristico intreccio di fili sericei ed escrementi larvali tra foglie e i rametti. In caso di attacchi molto intensi, con elevata densità di popolazione del lepidottero, si può avere la morte della pianta.
La piralide del bosso può compiere 2-3 generazioni annuali più o meno accavallate e svernare principalmente come larva di terza età in un bozzolo sericeo tra le foglie.
Le larve riprendono l’attività di alimentazione all’innalzamento delle temperature primaverili.
Psilla dell’alloro (Trioza alacris)
La psilla dell'alloro è un rincote in grado di infestare le giovani foglie dei germogli del Laurus nobilis (alloro).
L'attacco del fitomizo provoca accartocciamenti e deformazioni delle foglie.
Il lembo delle foglie colpite si arrotola verso la pagina inferiore, assume una consistenza spessa e carnosa ed un colore bianco e successivamente dissecca. Pertanto la pianta subisce un ritardo nella crescita e un danno estetico.
Nel corso dell’anno si possono avere 4-5 generazioni con forti danni alla giovane vegetazione.
- Heterobasidion irregulare
Taglio e abbattimento piante di alto fusto